Autore del progetto
Progetti / Preve Preve

MOLI UMANITARI

Località Mediterraneo
Anno 2018
Condizioni Ricerca/Tesi
Tipologia Spazi pubblici e paesaggio
Struttura prevalente Altro
Moli umanitari è un progetto del 2018 del DiPArC, dipartimento di architettura creativa di Cavallerizza Reale avviato con l’intento di proporre soluzioni in-sostenibili ai temi di attualità più critici quali la catastrofe ambientale imminente o le ingiustizie sociali. Ci siamo interrogati sul difficile problema delle morti in mare dei profughi africani. Dramma troppo ignorato a cui pare nessuno voglia dare una risoluzione. Una sera d’estate da un balcone che affaccia sul mare della Liguria non abbiamo potuto non interrogarci sull’abissale indifferenza che noi italiani, dall’altra parte del Mediterraneo di un’Africa così vicina, dimostriamo rispetto verso le migliaia di vite spezzate dal solo disperato ma inascoltato desiderio di raggiungere l’Italia e qui ottenere la salvezza, un lavoro, del denaro, la pace. Il cinismo e la mancanza di senso di giustizia ci è parsa lampante dall’apparentemente banale moda estiva dei bagnanti nostrani del gonfiabile in spiaggia. Battige affollate di canotti di ogni forma e dimensione; i nostri bambini a fare a gara di chi avesse il modello più stravagante di queste zattere di plastica che non durano più di una stagione, spesso neanche una giornata se sopra non apponi il nome di tuo figlio e qualcuno te lo porta via per sbaglio. Plastica, consumismo, desiderio di avere che mai si sazia. Ad Alassio (SV) a est c’è l’isola Gallinara, una grande roccia ricoperta da vegetazione, e con una villa, a forma di tartaruga. E la cappella sulla scogliera che di notte si accende a faro del porto retrostante. Ad ovest Capo Mele con la galleria sull’Aurelia a picco sul mare che sparisce dietro una curva. In centro al paese preferito dai torinesi per la villeggiatura c’è il molo. Una lunga lingua di calcestruzzo armato sorretto da tante esili pile cilindriche che ricordano i tasti di un pianoforte che suona una musica scandita dai volumetti che si muovono al variare dello sguardo. Qui si fa lo struscio con il gelato la sera e i ragazzi fanno a gare di tuffi e dopo il restauro ci sono orridi lampioni che sembrano crune di aghi tetri e in fondo alla passeggiata un enorme rosa dei venti per terra che ti informa in base da dove arriva, quale soffio di aria ti scompiglia i capelli. Da questo approdo la nostra mente si è spinta a formulare un’idea che più che una soluzione pratica è un invito a risolvere quanto meno l’ottusa assenza di accoglienza che caratterizza l’Europa rispetto alle richieste dei migranti di entrare nel nostro paese. Il molo non solo deve diventare un approdo ma anche il benvenuto all’avvento degli stranieri. Un tappeto rosso steso a terra perché chi arriva sarà nostra intenzione onorarlo. Immaginiamo che dal mare all’entroterra fino a raggiungere le grandi città del Nord i nuovi italiani siano accompagnati rispettosamente attraverso un percorso che si snoda lungo i nodi delle eccellenze del nostro territorio che si spiega e intanto si lascia spiegare: integrazione. L’atra questione è come proteggere i profughi dall’alto mare. Come risolvere il problema legato all’incertezze della navigazione in acque che all’occorrenza non sono di nessuno. Ecco allora che il Mare Mediterraneo, patrimonio dell’Umanità da Ulisse in poi, è cinto da un’ininterrotta fascia di spiaggia protetta dalle controversie in quanto come si sa, l’Italia insegna, la battigia secondo quanto stabilito dall'art. 882 del codice civile, fa parte del demanio marittimo dello Stato: è, cioè, un bene inalienabile, inespropriabile e destinato a servire i bisogni della collettività. Una lunghissima passeggiata da percorrere senza fretta dove fare esperienza del territorio e lungo la quale il libero scambio, di oggetti, alimenti, lingue, tradizioni in una parola culture, rende tutti detentori del medesimo diritto di scegliere. C’è poi un altro aspetto che il DiPArC ha rilevato a favore delle migrazioni. I moli si estenderanno per le 12 miglia (i cinesi hanno osato di più con la Grande muraglia) attraverso le nostre acque territoriali per raggiungere le acque internazionali con “ponti di barche”. Veri e propri mercati capillari galleggianti che favoriscano i flussi attraverso i nostri mondi. Il moto ondoso e le radiazioni solari creeranno energia sufficiente a rendere i passaggi autosufficienti e probabilmente l’esubero sarà trasmesso a terra. Si potranno anche controllare i rifiuti e quindi l’inquinamento marino (vd. Ponte del V elemento, DiPArC 2018). Ecco quindi nuove forme di pesca e allevamento ittico sostenibili. Siamo tutti cittadini liberi e liberamente dobbiamo circolare. Il DiPArC altro non fa che applicare la cura-amore per il proprio paese: la Terra.
Moli Umanitari