Progetti / MARCO AMBROSANIO
CONCORDIA LIGHTHOUSE
Località
Un faro per ricordare il disastro del Giglio
Anno
2015
Condizioni
Tavole di concorso
Tipologia
Design industriale
Struttura prevalente
Acciaio
Il faro è da sempre una guida che orienta i naviganti. Nonostante le nuove tecnologie di geo-localizzazione hanno ormai sostituito il fascio luminoso di segnalazione, il faro conserva ancora il suo potere evocativo nell'immaginario collettivo quale elemento fisico che si colloca a vedetta permanente, eretto allo scopo di indicare una direzione dal mare. Ed in questo, il grande fascino del faro, capace di generare speranza di vita e di salvezza per gli uomini.
Il tema proposto dal bando, inevitabilmente si carica nella sua composizione progettuale degli elementi che la tragedia ha seminato in questi luoghi. Un evento tremendo che ha scosso il mondo intero mentre venivano trasmesse le immagini dei naufraghi che, come sciami di piccole formiche si calavano nella notte lungo la pancia della gigantesca nave adagiata sul fianco. Una gigante Senza vita. Dopo lo shock, la rabbia di tanta gente forse a commentare: "se vi fosse stato in quel luogo, proprio lì, ancora un altro lembo di terra, una zattera di terra...".
La posizione del faro è stata scelta proprio in acqua, sul punto dove si era poggiato il comignolo del relitto. E’ una zattera in mezzo al mare, volutamente non collegata alla terra ferma. Dalla zattera di calcestruzzo si elevano due vele a formare un guscio iperboloide della stessa materia destinato ad ospitare la casa della memoria. La calotta che fascia le strutture portanti dell'elemento faro rappresenta il confine tra la memoria di ciò che è accaduto e l'elemento naturale. Le onde del mare lambiscono la sua superficie. Confine drammatico tra artificio e natura. Dalla zattera si innalza per 15 metri una struttura di sostegno. E’ composta da 3 travi in ferro che si incurvano e si biforcano fino alla sommità dove una coffa metallica ospita la lanterna di segnalazione. Tutti gli elementi metallici, strutturali e di completamento, sono recuperati dalla struttura della nave, spogliati dalla pelle di vernice. Si raggiunge la lanterna da una scala elicoidale che si avvolge intorno ad un singolo pilastro rivestito in ottone e i cui scalini sono lamiere di recupero dal relitto. La scala è protetta da un cilindro trasparente di vetro o plexiglass.
La forma che emerge dalla struttura evoca la precarietà delle cose umane. Resta solo il relitto delle cose costruite dall'uomo, la materia che inevitabilmente è destinata a decomporsi e che ci avverte in silenzio della necessità di essere protetta, sostenuta. Di essere ancora una volta salvata. E se è vero che ciò che salva l'uomo è la caratteristica dell'aggregazione, dello stare insieme per aiutarci a vivere, così la pelle esterna del faro, realizzata da una rete stirata, avvolge il fasciame di metallo donandogli quella qualità di forma compiuta.
I relitti non si proteggono, si possono solo sostenere. E la sua pelle non può che essere una rete a maglie larghe di acciaio che avvolge il relitto e lo sostiene.
Il nostro faro non può essere ancora un elemento che genera speranza e salvezza. E’ ancora troppo presto. Il lutto nella memoria degli uomini è ancora vivo. Il faro come elemento che sorveglia arriva dopo ciò che è stato. E’soltanto un piccolo tributo, di ciò che resta. Non al ricordo del gigante di metallo, non alla tecnologia, ma soltanto alle 33 vittime, le persone che ci hanno abbandonato, con la speranza che questa forma possa alleviare l’anima e la memoria.
Sezione.
Pianta.
Vista dall'alto sulla "stanza della memoria".
Vista dal basso.
Inquadramento.
Vista dal mare. Sul retro, la stanza della memoria.
suggestione notturna.
Vista dall'alto sulla "stanza della memoria".
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